La miniera è una città sotterranea, con vie principali, piazze, slarghi, incroci, vie secondarie, vicoli ciechi. Le gallerie principali, rivestite in muratura, alte, spaziose, con parecchi binari, bene illuminate da impianti elettrici fissi, corrispondono alle grandi arterie luminose e piene di traffico,. le gallerie secondarie, strette, basse, a binario unico, rivestite di modeste armature di legno, illuminate solo dalla lampada del minatore, alle stradette di periferia. "Queste suggestive parole, tratte da I minatori della Maremma di Bianciardi e Cassola, pensate per suggerire l'idea della complessità della struttura fisica di una miniera, ci pare che possano utilmente servire per capire quanto complesso sia scrivere, anche, la storia delle attività minerarie del territorio. La storia delle miniere, infatti, ha molte implicazioni, e per tracciarla sono necessari apporti che provengono da discipline diverse: la geologia e la mineralogia, la storia della tecnologia, la storia sociale ed economica. Anche da questa complessità metodologica dipende il fatto che tale storia sia, in larga misura, ancora da scrivere. Qui verranno accennate solo due argomenti di storia mineraria, rimandando ad altre parti del volume per un inquadramento più puntuale dello stato delle conoscenze geo-mineralogiche e tecnologiche. Si prenderanno dunque in esame i "segni" più visibili di tali attività, che contraddistinguono la conformazione visiva del paesaggio, e si parlerà degli uomini che nelle miniere hanno lavorato:
I "segni" delle miniere: archeologia mineraria ed industriale.
I segni delle attività minerarie sono numerosi e facilmente individuabili per l'impronta lasciata sul paesaggio. Nelle aree degli affioramenti minerari, il bosco subisce agli occhi dell'osservatore una brusca interruzione. Qua e la si aprono spazi circondati da piccole radure che circoscrivono un'area sassosa color ruggine. Sono le antiche discariche, segni di un'attività estrattiva che ha trasformato il suolo, arricchendolo di sali che da secoli impediscono lo sviluppo della vegetazione, anche di quella vegetazione pioniera che riesce a colonizzare la sabbia e la nuda roccia. Quasi sempre queste distese sono accompagnate da un pozzo di estrazione. L'osservazione dei materiali estratti mostra rocce dure che hanno costretto gli uomini a servirsi di strategie che superassero i limiti posti alla forza fisica e all'inadeguatezza degli strumenti. Osservando queste rocce appare ovvia l'inutilità del più semplice degli strumenti, il piccone. Tra l'altro il pozzo ci mostra un ambiente angusto in cui i movimenti sono limitati. Si ricorreva quindi al fuoco, riscaldando la roccia e poi raffreddandola bruscamente con un getto d'acqua, perchè si formassero crepe per poi lavorare con cunei e scalpelli. L'area che meglio mostra questo paesaggio e quella di Serrabottini e Montepozzali, nelle vicinanze dei moderni impianti della miniera di Capanne. Altri segni di attività si osservano nell'area a Ovest della sorgente delle Venelle; altri storicamente molto importanti sono nella zona di Cugnano. Ancora nel secolo scorso nei pressi dell'abitato di Montieri era possibile vedere discariche e pozzi. Altre miniere hanno lasciato le proprie tracce nella valle del Merse sotto Boccheggiano. Nelle vicinanze delle aree estrattive è sempre possibile individuare i luoghi della lavorazione dei prodotti del sottosuolo. Ampie distese di scorie dall'aspetto vetroso segnalano i luoghi in cui sorgevano queste antiche officine.
I minatori
Fino alla fine del secolo scorso i lavoratori delle miniere erano una delle tante categorie stagionali presenti in Maremma, poiché l'attività mineraria non era stabile (molti erano i fallimenti) e soprattutto perchè la malaria costringeva a interrompere i lavori durante il periodo estivo. Il lavoro della miniera era quindi molto spesso affiancato al lavoro agricolo. Quando si consolidò l'industria estrattiva, alla fine dell'Ottocento, i lavoratori delle miniere iniziarono ad assumere un'identità professionale e una fisionomia sociale nuove. La peculiarità dell' industria estrattiva era dovuta sia alla mancanza delle innovazioni tecnologiche che caratterizzavano in quel periodo altri settori industriali, sia alle moltissime qualifiche professionali presenti in miniera, cui corrispondevano disparità di trattamenti salariali e normativi. Questi ed altri fattori ostacolarono la nascita di un'organizzazione sindacale di classe, che crebbe invece in seno alla comunità di ciascun paese. Tra fine Ottocento ed inizio Novecento i minatori organizzarono le prime forme di lotta sindacale, organizzandosi in "leghe" e ricorrendo all'arma dello sciopero; molti piccoli borghi rurali si erano intanto trasformati in centri minerari, punti di diffusione delle idee socialiste. Alla vigilia della prima guerra mondiale i minatori si presentavano come soggetto sociale e politico autonomo; dopo la guerra le "leghe" grossetane, unite, riuscirono a elaborare un unico documento di rivendicazioni sindacali. Con l'avvento del fascismo iniziò la sistematica azione di distruzione delle organizzazioni dei minatori. appoggiata dalle società minerarie. Dopo il 1944 la ripresa produttiva incontrò difficoltà notevoli. L'opera di ricostruzione iniziò in un clima di collaborazione anche se poi cominciarono a manifestarsi difficoltà sempre più gravi nei rapporti tra direzioni e maestranze. La prima significativa azione di lotta fu nel 1949; nei mesi successivi si susseguirono gli scioperi, fino a giungere nel febbraio 1951 alla "lotta dei 5 mesi", la manifestazione più emblematica del secondo dopoguerra che tuttavia non portò i vantaggi sperati. Dopo gli anni Sessanta, parallelamente al declino dell'industria mineraria, vi e stato il progressivo ridimensionamento del movimento dei minatori, fino alla sua naturale e definitiva scomparsa. Ora le miniere della zona sono tutte chiuse. I "segni" materiali e la memoria storica dei minatori stanno a simboleggiare l'epilogo di una storia durata molti secoli, e che ci sembra di buon augurio chiudere con un brano, tutto orientato ad un futuro diverso, ancora tratto da I minatori della Maremma: << Abbiamo visto i minatori, l'ultima volta, a Massa, mentre partivano per la terza "gita", quella di mezzanotte. Sostavano immobili nel breve spiazzo sotto l'abside del Duomo, con il tascapane a tracollo, silenziosi, severi e gravi in volto, come gente che consapevolmente va incontro ogni giorno alla fatica ed al pericolo. Un nostro giovane amico, il minatore Radi Livio, parlava con un impiegato della cooperativa: <.<.Domani ti dò il racconto. Battimelo a macchina: ce ne vogliono sette copie, per il concorso.>>
<<Come, gli chiedemmo, scrivi anche racconti? >> Era arrivato il pullman e gli operai si andavano radunando lentamente. Radi ci strinse la mano: <<Si capisce che scrivo racconti. Perche? Volete scrivere soltanto voi due ? >>