Nel 1985 ho conosciuto Socrates e ne sono diventato amico. Ho frequentato la sua casa e i suoi amici. Alle sue feste non voleva che si portasse la cravatta. Una volta me la tagliò. Parlava di calcio con il linguaggio della filosofia della "Scuola di Atene". Ma non sapeva ancora che Raffaello non abitava più qui. Pensava di essere arrivato nella culla del Rinascimento, ma aveva trovato una Firenze decadente che, oltre a non capirlo, lo temeva. Specialmente nel mondo del calcio.
Nel 1985 ero direttore di Firenze la Sera e nel numero di novembre della rivista pubblicai, sul caso Socrates, un'inchiesta che fece scalpore.
Il 4 dicembre del 2011 mi ha raggiunto la notizia della sua scomparsa. Per ricordare vecchio amico pubblico su questo portale il primo articolo di quell'inchiesta.
di Maurizio Bardi
In Brasile è un mito. A Firenze è boicottato e ritenuto pericoloso. In America Latina dicono di lui: « Usa il pallone per lottare contro il sistema. Per questo è un rivoluzionario ».
Fino a pochi giorni fa credevo che giocare al pallone fosse una questione di palleggio, di preparazione atletica, di tecnica. Ma poi ho conosciuto Socrates. Ora credo di sapere che è tutt'altra cosa, una vicenda per niente fisica, nel senso del groviglio di sentimenti, ideologie, volontà di potenza e di amore che incredibilmente si intrecciano con quella cosa strana che è il dare calci ad una palla.
Ci sono giocatori stranieri, arrivati nel nostro campionato, che i miliardi ed il successo hanno modellato, ingentilito, assoggettato alle regole della ricchezza. Socrates no. Lui, dentro e fuori dallo stadio è arrabbiato, arricciato nei capelli, una presenza fisica che equivale ad una dichiarazione esistenziale. Si dichiara a livello di comportamento e a livello di opinione. Vivo come è, non appare come gli altri si aspettino che io sia.»
«Tu mi chiedi se nel calcio c'è qualcosa di reazionario? Ma il calcio e tutto reazionario. Proprio perché vive attraverso il pubblico, in un paese capitalista non può essere che reazionario. Prova ad immaginare cosa accadrebbe se fosse veramente una manifestazione culturale spontanea di un popolo. Se fosse la somma non di tanti individualismi, ma di un gruppo
omogeneo che rappresenti l'anima libera della gente. Sarebbe la rivoluzione, proprio per questo è super controllato. Il calcio come fatto spontaneo è pericoloso. Perchè non diventi uno strumento di aggregazione sociale deve essere controllato dal potere. Attraverso il calcio si può fare anche la rivoluzione oppure impedirla. Non esiste un Socrates calciatore ed un Socrates uomo. L'uomo Socrates è la somma di tanti interessi diversi. »
In Brasile nella sua vecchia squadra, il Corinthians, Socrates ha fondato ed organizzato un'esperienza unica nella storia del cal-
cio: l'autogestione della società, con dirigenti e presidente direttamente eletti dagli ottantamila soci. Questo gli ha permesso di in-
ventare un nuovo modello di calciatore: non più rinchiuso tra le mura dello stadio, controllato, con poche capacità di capire il mondo
esterno, ma un opinion leader pronto a parlare direttamente alla gente e soprattutto non di calcio.
Intanto crescono i malumori tra il fuoriclasse brasiliano ed alcuni giocatori della Fiorentina. Alcuni dicono che sia uno scontro tra visioni del mondo totalmente differenti, l'incapacità di comunicare tra ragazzotti pieni di soldi che giocano bene al pallone ed un intellettuale colto ed intelligente che considera il calcio come uno dei tanti aspetti della vita. Altri mormorano che in tutto questo ci sia lo zampino di Eraldo Pecci arrivato al punto di lasciare perdere in campo la squadra per non passare la palla e Socrates pur di non perder il posto quando rientrerà Antognoni.
«Tutta la mia vita è stata una lotta eterna per essere efficiente come calciatore per compensare la reazione nei miei confronti. Se non fossi stato il capitano del Brasile sarei finito come Paolo Solier, il calciatore del Perugia boicottato perchè professava idee libertarie. Se io non fossi bravissimo, appena parlo contro il Sistema, il Sistema mi schiaccerebbe. Dal primo giorno in cui sono arrivato a Firenze c'è stata una reazione contro di me: un pregiudizio chiaro, compresa la manipolazione dell'opinione pubblica.
Ma io non posso rinunciare alle idee che sono la base della mia vita. Non sono nè cattolico nè comunista, a livello religioso credo nella giustizia sociale come dovere morale. Politicamente sono un socialista, alla Allende, nel senso che in una società in cui la ricchezza è prodotta socialmente deve esistere una ridistribuzione altrettanto sociale della ricchezza. E la democrazia è la condizione politica in cui tutto questo deve avvenire.
Ha scritto recentemente Il Jornal do Brasil: "Socrates usa il pallone per lottare contro il sistema. E' un rivoluzionario come lo fu Paolo Cesar Lima." Che peccato che Eraldo Pecci non gli passi la palla!
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