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Cronaca di un secolo in Toscana
Firenze la Sera
Settembre 1986
Le case editrici a Firenze
 
         
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Firenze la Sera - Settembre 1986
Le case editrici a Firenze

battistero di Volterra

Foto sopra: Sergio Giunti

La letteratura a Firenze
Le case editrici a Firenze

di Maurizio Bardi

L'articolo che riproponiamo, dedicato alle case editrici fiorentinedegli anni '80, è stato pubblicato nel settembre 1986 sul mensile "Firenze la Sera"

Il boom è nel settore scolastico dove Giunti, Le Monnier, La Nuova Italia, Sanson, D'Anna, Bulgarini e altri raggiungono insieme circa 150 miliardi di fatturato, un terzo di quello nazionale; totale rinuncia invece degli editori fiorentini nella narrativa e nell'attualità politica e culturale. La mappa che segue comprende alcune fra le case editrici più importanti in città.
Nel confronto con il passato la mappa attuale dell'editoria libraria fiorentina non sembrerebbe a prima vista segnalare grandi terremoti: le sigle ottocentesche e quelle della prima metà dei '900 esistono tuttora.
Le Monnier, Barbera, Bemporad, Marzocco, Salani, Olschki, Sansoni, Vallecchi, Alinari, La Nuova Italia sono ancora sulle copertine, vivono autonomamente o di riflesso. Molte di queste sigle fanno in realtà ormai parte di gruppi editoriali più vasti, altre sopravvivono stentatamente.
In generale vi è un arretramento d'immagine e nella consistenza aziendale ai quali continua spesso a corrispondere il tradizionale appiattimento su posizioni moderate.
Pochissime le nuove sigle a partire dagli anni '60. Si è consumata in un decennio (1968-1978) la vicenda editoriale non priva di impegno, grandi suggestioni e forti tinte di vivacità di Mario Guaraldi. L'esperienza raffinata e innovativa del "Centro Di" è andata progressivamente circoscrivendosi, fino a divenire un'espressione-servizio di alcune soprintendenze artistiche.
I tentativi di Colportage e di gruppi che spesso esprimevano tendenze artistiche presenti in città sono trascorsi come meteore.
Da tempo sembrano inoltre venute meno le impegnate espressioni editoriali di parte cattolica (Cultura, la LEF).
Il nuovo è in qualche modo rappresentato dalla ripresa della Passigli Editore, a cui però Stefano Passigli sembra poter dedicare solo un residuo dei tempo già ampiamente distribuito fra le sue molteplici attività.
Fra le novità abbiamo le Edizioni d'arte Cantini, in bilico fra il catalogo degli acquerelli di Hitier e il Donatello di Pope-Hennessy. Vi è l'ambizioso e difficile tentativo dei giovane Cesati di riportare in città una sigla dedita alla poesia. Vi è Fatatrac, impegnata con intelligenza nel settore ragazzi. In definitiva l'espressione più matura, aziendalmente ed editorialmente, delle nuove case editrici sembra dunque essere La Casa Usher.
Il panorama editoriale fiorentino ha alcune costanti: buona tenuta dei settore scolastico, dove Giunti, Le Monnier, La Nuova Italia, Sansoni, D'Anna, Bulgarini e altri raggiungono insieme, con circa 150 miliardi di fatturato 1985, 1/3 dei fatturato nazionale dei settore - un esplicito senso di rinuncia da parte dei maggiori editori fiorentini, quasi la convinzione dell'impossibilità di operare da Firenze in settori quali la narrativa e l'attualità politica e culturale - una consolidata disponibilità all'emigrazione di molti manager editoriali fiorentini - una corrispondente indisponibilità dei non fiorentini a scendere a Firenze - una larga fioritura di vocazioni editoriali strapaesane in cui la sempre latente cuiturina-becerofiorentina tende ormai a far tutt'uno con lo sfruttamento delle più deteriori forme di turismo di massa degli ultimi quindici anni; una accelerata crisi delle librerie (l'ultimo esempio è la chiusura della Libreria Fiorentina) a cui peraltro fa da contraltare la grande e solida crescita della Marzocco sorretta dalle capacità imprenditoriali di Giuliano Mugnai, leader nazionale della categoria; una sempre minor dipendenza dall'editoria libraria della industria tipografica, che tende a sensibili involuzioni qualitative e di efficienza, un'altrettanto visibile caduta di influenza e di efficienza da parte delle celebri concessionarie librarie e dei servizi distributivi, con le sole eccezioni, nel primo caso, di Mario Casalini che con la sua Casalini Libri, e non solo con essa, è da sempre una star dell'editoria e, nel secondo caso, della distributrice nazionale PDE che il fiorentino Carlo Chierici ha condotto fino alla seconda posizione nazionale dei settore, infine l'ormai accertata sterilità e contraddittorietà delle stesse influenze colonizzatrici, soprattutto nordiste, sull'editoria fiorentina: si guardi al casi della Montedison in Vallecchi, poi della Rizzoli in Sansoni, più di recente dell'Electa che pure bene aveva avviato con partner fiorentini l'esperienza originale di Electa Firenze ma che presto ha ritenuto di ritornare indietro.
C'è da sperare che il recente ingresso Longanesi nella Salani produca risultati di altro tipo.
Si tenga comunque presente, per non alimentare la diffusa retorica dei vittimismo, che molti di questi fenomeni involutivi sono propri dell'intera editoria nazionale: là dove un processo di concentrazione e di immiserimento quantitativo e nelle articolazioni delle forme di pluralità sono collegati alla profonda debolezza delle forme attuali dei mercato librario.

Riportiamo di seguito undici esempi delle case editrici fra le più rappresentative dei panorama editoriale fiorentino:

GIUNTI
La più grande fra le case editrici fiorentine. Fondata da un imprenditore di razza quale Renato Giunti che nella sua vita ha salvato sigle editoriali di grandi tradizioni quali Barbera, Bemporad, Marzocco, incorporate ora nel Gruppo Giunti. Sotto l'attuale direzione di Sergio Giunti si notano alcune novità, come i mensili "Scienza e Dossier" e "Art e Dossier", buoni prodotti da edicola in cui le anomalie dell'assenza di pubblicità e della totale estraneità alla casa editrice del progetto e del corpo redazione sembrano indicare sia il persistere di certi limiti aziendali tipicamente fiorentini sia, nel contempo, una perdurante prudenza imprenditoriale.
Coraggiosa quanto stravagante rispetto a quella stessa prudenza giuntiana la nuova collana Astrea che propone narrativa di donne.

LE MONNIER
Sigla ottocentesca portata a elevati livelli dalle virtù imprenditoriali di Arrigo Paoletti. E gestita dai cugini Enrico, Marco e Vanni Paoletti. Perdurante modello di capacità imprenditoriali, dotata di un'azienda grafica di ampie capacità produttive e capace di buoni standard qualitativi, è sapientemente ancorata a solidi agganci pentapartitici nazionali: si dice che Spadolini faccia il presidente della Le Monnier ogni qual volta si trovi momentaneamente libero da incarichi di governo. Si dice anche che la Le Monnier, quasi irretita dalla sua stessa solidità, non sfrutterebbe a pieno certe ottime attitudini editoriali, segnatamente quelle di Vanni Paoletti.

SANSONI
Si dice che avrebbe osato troppo negli anni '50 e '60: si sarebbe comportata come fosse un grande editore milanese pur essendo soltanto fiorentina. Passata attraverso varie tempeste, da qualche mese è di nuovo al 100% della Rizzoli la quale a lungo ha cercato senza successo di dotarla di un editore incaricato di prestigio e possibilmente fiorentino. Ancora di una qualche consistenza nel settore scolastico, la Sansoni appare appesantita da un organico sproporzionato. C'è da augurare al neo-direttore Sandro Alfieri di riuscire a bloccarne la decadenza.

LA NUOVA ITALIA
Gloriosa eccezione al moderatismo delle case editrici di cultura e di scolastica fiorentina, ha perso con Tristano Codignola un editore di razza, di buone intuizioni e di grandi slanci e come tale non sempre disciplinatamente al servizio dei bilanci. Sottoposta ora alla cura Casalini Piccioni con radicali tagli e qualche ripiegamento (esemplare in tutti i sensi la dolorosa rinuncia alla gloriosa rivista "Il Ponte") si avvicina alla buona salute aziendale e verso un modello di tipo Le Monnier: scolastica e qualche impresa di alto livello accademico.

SALANI
La sua storia iniziata nel 1862 sembrava finita agli inizi degli anni '80: venuta meno anche la dichiarata intenzione dei Pontello di salvarne sigla e anima cattolica.
In queste ultime settimane sembrava che l'emergente Casa Usher stesse per rilevare la sigla e il fantastico archivio di disegni mettendo al servizio dei rilancio della Salani le sue fresche energie fiorentine: la milanese Longanesi, sorretta - sembra - dal gradimento di tipografi fiorentini o dei contado, ha schiacciato la concorrenza facendo propria la casa fondata da Adriano Salani. Il programma sembra quello di tenerla comunque a Firenze - salvo riuscire nel duro compito di trovare un editore incaricato.

VALLECCHI
Esempio di come la colonizzazione dei grande capitale finanziario e industriale dei nord non sempre riesca a valorizzare l'industria culturale fiorentina: ridotta ai minimi termini nel giro di pochi anni, ci si augura ora che il sentimentale impegno di Enrico Vallecchi, che ha riacquistato la sigla di famiglia, proceda dal suo originario significato morale al pieno rilancio della sigla.

OLSCHIKI
La gloriosa, colta e raffinata Olschki ha festeggiato da poco il suo primo centenario. In una indiscussa continuità familiare, la Olschlki rappresenta un gradevole esempio dei perdurare dei buon artigianato fiorentino.

BONECHI
In bilico fra vocazione localistica e divulgazione turistico-artistica sul piano internazionale, la casa di Giampaolo Bonechi, Premio della Cultura 1985 della Presidenza dei Consiglio dei Ministri, sembra quasi evocare una tradizionale espressione dei maestri di scuola: il ragazzo potrebbe fare molto...



 
 
     
   
   
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