La letteratura a Firenze
I poeti Firenze
di Stefano Busolin
L'articolo che riproponiamo, dedicato ai poeti fiorentini degli anni '80, è stato pubblicato nel settembre 1986 sul mensile "Firenze la Sera"
Conoscendo ahimè lo scarso senso ironico della mia città, o se volete il basso livello culturale espresso da troppi presunti "addetti ai lavori" nel campo della letteratura, mi sono sentito obbligato a scrivere questa breve nota che precede i miei modesti "giudizi sui poeti, critici, professori e riviste a Firenze. Questo perché eviterò ai seriosi di prendere il telefono e dirne quattro al Direttore o chi per lui in redazione, o minacciate denunce (vedi signorina Frisa) o reazioni permalose (vedi professor Bramanti), cose già verificatesi in occasione delle pagelle da me espresse per un passato numero di Firenze La Sera dedicato ai critici d'arte.
Allora con ordine: la mappa dei poeti non è completa, né potrebbe esserlo visto che nella sola Firenze di poeti (o meglio di persone che scrivono) ne conosco un centinaio. Il criterio di selezione è uno solo: ci sono alcuni che più stimo, altri che più conosco, amici o "nemici" non importa.
Ho escluso i poeti visivi, i visivi pentiti, i performativi a partire da Miccini fino a Di Lallo, Albani o Forosetti tanto per citare altri amici. Sui poeti della domenica annidati tra il Circolo Borghese, la Camerata dei Poeti, gli Amici delle Muse e confraternite varie non ho creduto, una volta tanto, che fosse il caso di infierire.
Se qualcuno furbetto noterà alcune assenze rilevanti può pensare liberamente che: o sono un fazioso e lo faccio apposta - che non ci capisco proprio nulla di poesia - oppure che la mia memoria fa cilecca.
Anch'io invecchio, e male, in questa città dove di letteratura mi pare ce ne sia rimasta poca.
Me compreso, naturalmente.
SAURO ALBISANI
Figlioccio (in senso positivo) dei fu Betocchi (ha prefatto la raccolta de "Le poesie dei sabato" da Mondadori). Albisani ha al suo attivo diverse pubblicazioni in riviste ed antologie.
Buono, secondo me, soprattutto il suo primo periodo poetico. Ultimamente ha pubblicato e letto versi che hanno lasciato perplessi i suoi ammiratori. Ma si sa non tutte le stagioni sono uguali. Si attende un "risveglio" considerate le indubbie qualità di Albisani sia per i contenuti che per la sua pulizia dei verso.
CRISTINA ANNINO
Secondo me una delle poetesse più personali in Italia. Niente da invidiare alla Valduga (se non Raboni). Al suo attivo una antologia Einaudi (dove tra l'altro mi permetto di dire non ci sono le cose più belle). C'è da augurarsi che prima o poi "venga fuor" con un grosso editore e che le vada il riconoscimento che merita. Una sola nota: difficile instaurare un rapporto personale con lei, lo dice un suo ammiratore che spesso non la sopporta.
MARIELLA BETTARINE
Poetessa con anni di lotta alle spalle. Si ricorda il suo bel "Diario fiorentino"; presente in molte- antologie, ma soprattutto nota per la più che decennale conduzione di Salvo Imprevisti, rivista tipica degli anni '70 (femminismo, Pasolini ecc ... ) oggi "in stanca".
Cura insieme a Gabriella Maleti (ottima poetessa) la collana di scrittura 'Gazebo" che per ora, secondo il mio personale punto di vista, non ha dato tranne Franci e Merlini delle grosse novità.
PIERO BIGONGIARI
Chissà perché quando penso a Bigongiari mi viene in mente Gimondi il ciclista, l'eterno secondo dietro Merckx, ovvero Luzi. l due sono grandi amiconi (qualcuno dice solo in pubblico) e gli altri vengono dopo a cominciare dal Parronchi.
Bigongiari è un caso letterario nel senso che è o troppo o poco considerato dalla critica.
Troppo, da giovani poeti sofferenti che vedono nella sua poesia la matrice della poesia d'oggi. Soprattutto nella raccolta "La figlia di Babilonia". Cosa molto contestabile, perché chiederei a lor signori se la poesia di Magrelli o di Cucchi o dello Zeichen proviene da quella del maestro in questione. Non mi pare proprio.
Poco, per esempio dal Mengaldo che lo ha escluso dalla famosa antologia dove c'erano tutti o quasi i poeti significativi dei '900.
Bigongiari per alcuni è meglio come studioso d'arte, soprattutto dei Seicento fiorentino che in un'annunciata mostra dovrebbe essere definitivamente rivalutato. E poi al suo attivo ha pubblicazioni saggistiche d'arte d'interesse, ma devo confessare che la sua poesia non mi interessa molto e tanto meno vado a leggere altre cose.
Recente è la pubblicazione de "Con il dito in terra" da Mondadori, dagli amici fiorentini ribattezzato volgarmente "Con il dito in c...".
Da dire infine che il Viareggio di quest'anno se lo meritava, visto chi l'ha vinto e poi diciamo la verità, anche per premiare la fedeltà di questo poeta che da tanti anni calca la scena anche se non con risultati eclatanti.
ALESSANDRO CENE
Nemmeno 30 anni, diverse pubblicazioni alle spalle, ultima un suo saggio su Landolfi uscito da Franco Cesati. Poeta precoce quindi, che ha avuto i favori di Milo De Angelis con il bel libro "Il viaggio inaudito" (Tosadori). Ci si aspetta molto da lui. Altri dicono che invece è già finito nel farsi il verso, si barocchizza insomma. Appartato il giusto, presente quando conta esserci.
CRISTINA FANTECHE
Ha pubblicato fino ad oggi solo un libro "L'anello della memoria" per l'editore Belforte di Livorno con una prefazione del germanista Ferruccio Masini (anch'egli fine poeta).
Il libro ha raccolto molti favori, tra l'altro il riconoscimento dei premio Camaiore che è uno dei più seri in giro. La Fantechi insieme all'Annino è per me, ma non solo per me, una delle poche poetesse fiorentine degne di attenzione.
Il suo stile è davvero personale. Da segnalare il carattere estremamente sincero della Fantechi che molti immaginano alla ricerca di chissà che cosa ed invece vive molto, come si dice, la sua solitudine. Credo che abbia in vista una raccolta presso l'editore milanese Crocetti.
CARLO LAPUCCI
Notevole studioso di tradizioni popolari, bravo narratore (presentato anni fa allo Strega da Bilenchi e Luzi), personalissimo nel fondere elementi fantastici in una realtà già di suo surreale.
Anche poeta, cito "L'erba inutile" (Vallecchi) dove praticamente viene sconfessata tutta la linea della poesia ermetica. Proprio per questo pressoché ignorato.
Conta pubblicazioni sui proverbi, modi di dire, raccolte di favole che vanno a ruba tra gli studiosi stranieri. Con la recente "Bibbia dei poveri" (Mondadori) pare essere arrivato al cosiddetto successo anche in Italia. In collaborazione con il poeta Marrucci e Scheiwilier cura l'edizione dell'Orcio d'oro che si promette di volta in volta di dare la "chiave" di lettura della poesia di un autore. Conduce da anni trasmissioni radiofoniche per la Rai trattando argomenti iegati alle tradizioni popolari. Si ricordi la celebre trasmissione "La luna nel pozzo".
MARIO LUZI
E'
senza ombra di dubbio uno dei poeti più significativi dei secondo Novecento.
Padre (anche se lui nega) dell'ermetismo fiorentino, se ne è piano piano allontanato fino a scrivere libri come "Nel magma" (una delle raccolte poetiche più riuscite dei dopoguerra) per ritornare con i petrarcheschi con "Al fuoco della controversia" e "Su fondamenti invisibili', per non parlare dei deludente "Battesimo dei nostri frammenti".
Con la morte di Montale, Luzi si è ritrovato, non certo per colpa sua, a ricoprire la carica di poeta-vate (per bocca anche di Bo, Piccioni) che non è certo di facile gestione.
Luzi ha subito fatto vedere che non aveva la stoffa dei vip, lui che era famoso per il suo rigore, delle poche e scelte amicizie, un maestro insomma.
Qualcuno gli ha messo anche in testa il Nobel e forse questo gli ha procurato non poche noie.
Innanzitutto una vita un po' più mondana, frequentazioni non sempre all'altezza e qualche prefazione di troppo che a volte lasciano davvero perplessi vista la "qualità Pazzaglia" di alcuni poeti; insomma un presenzialismo davvero imprevisto.
Ritornando alla poesia (ma non diceva Bo che la vita e la letteratura sono tutt'uno?) direi con rimpianto che la stagione di Luzi è finita anche se la maestria resta, la tecnica brilla. Intendiamoci: a noi basterebbe avere scritto nella vita un libro, solo un libro pari al suo!
Negli ultimi anni Luzi ha anche scritto per il teatro (brutta bestia!) facendo sbrodolare i suoi fans, ma deludendo i critici teatrali e gli addetti ai lavori che giustamente hanno ritenuto il prodotto un po' scarso. A Firenze naturalmente è piaciuto, ma un conto è conoscere il teatro, un altro è avere la poltroncina alla Pergola e vedere tutto l'anno Corrado Pani o Alfredo Bianchini e altri che dei teatro conoscono solo l'indirizzo. E poi il Corrado Costa che è un regista per rappresentazioni da liceo!!!
Nonostante questo non si può escludere che Luzi ci riservi una nuova stagione poetica e ci faccia rimangiare il tutto scrivendo un libro come "Le poesie dei sabato" del fu Betocchi che pur in là con l'età riuscì a dare un bell'esempio di giovinezza poetica.
A parte queste personali considerazioni (ma non tanto personali, visto che a quattr'occhi quando non ti sente nessuno molti la pensano così) quello che è veramente avvilente è il coro di replicanti, la banda indegna che lo segue per specchiarsi dei riflesso della sua luce, i poetucoli che lo inseguono per la prefazione o per la buona parola per il tale editore.
Credo che Luzi sia vittima di un meccanismo che prima o poi tutti noi colpirà. Ovvero la senilità mista all'ambizione. Resta il fatto che i poeti sono davvero rari. E Luzi è uno di questi.
PAOLO MANETTE
Vive facendo l'insegnante in una scuola per stranieri. Molto isolato, frequenta pochi amici e pochi salotti.
Dopo un periodo di poesia influenzata dal maestro Luzi, Manetti ha bene spiccato il volo per conto suo soprattutto con l'ultimo "In forma di materia" pubblicato da Vallecchi. Buoni saggi su Mallarmé e la poesia francese dell'Ottocento. Si interessa molto di problemi legati alla riflessione filosofica e scientifica. Sicuramente il più estroso poeta che vive in città. Se volete, un uomo d'altri tempi che appunto non lega con i tempi d'oggi.
MICHELE MINIELLO
Abruzzese, da molti anni a Firenze. Lo trovate sotto le Logge dei Porcellino a vendere pizzi, tovaglie e simili. Ha esordito con un libro da Cesati dal titolo "La consistenza dei contorni" con prefazione di Cucchi, ora dall'ambito Crocetti di Milano con il patrocinio di Antonio Porta. Ma il Miniello sforna anche racconti di una certa rilevanza (è recente un libro di racconti da Cesati).
Può rappresentare la rivelazione più prossima. Buona la sua preparazione e formazione sulla letteratura russa e anglo-sassone.
MARIO GRAZIANO PARRI
Della generazione di mezzo, Parri ha molti libri al suo attivo, sia per quanto riguarda la narrativa - in particolare "La signora del gioco" pubblicato da Cesati al quale l'istituto di ltalianistica dell'Università di Utrecht ha dedicato quest'anno un seminario - e pièce teatrali oltre ad interventi saggistici su alcune riviste.
Tra l'altro segretario e membro di giuria dei premio Vallombrosa e Casentino.
Come poeta estesa è la sua produzione di cui vorrei citare due libri essenziali come "Se parla la spiga d'estate" (Premio Campana 1981) e in particolare "Codice Occidentale" (Cesati 1983) dove a mio parere Parri raggiunge esiti davvero lusinghieri, in particolare modo se messo a confronto con i suoi coetanei.
ALESSANDRO PARRONCHI
Poeticamente non molto considerato, anche se gli esordi furono buoni. Non preso in considerazione da quasi nessuno tranne in terra toscana, Parronchi si dedica con più profitto all'arte anche se in tutti i tabernacoli di Firenze vede la mano di Michelangelo.
E' per così dire una figura a metà. Non si può dire poeta né critico d'arte. Non si rilevano particolari opere degne di attenzione.
Ma puo essere che il gusto personale ci faccia dire queste cose. Gli abbagli sono consentiti a tutti. Chi vede Michelangelo e chi non vede niente.
SILVIO RAMAT
Ormai vive da tempo fuori Firenze, ma è un fiorentino a tutti gli effetti. A lui si debbono studi fondamentali sull'ermetismo. Si è sempre cimentato in versi non raggiungendo significativi risultati se non segnalandosi come un epigono a volte di Montale, a volte di Luzi o Bigongiari.
Notevole però la sua padronanza dei verso.
Manca un po' di sangue. Fuori quasi completamente dalle giurie dei premi ora vive, insegnando all'università, a Padova dove probabilmente respira aria più pulita.
Doveva rappresentare la generazione poetica di mezzo tra quella ermetica e quella d'oggi, ma così non è stato.
PIERO SANTI
Narratore (si ricordi "Il sapore della menta"), saggista, critico d'arte, anche poeta, protagonista appartato, come ama definirsi, della letteratura fiorentina Santi scrive ogni tanto qualche verso di non particolare attenzione, ma significativo invece nel contesto generale della sua complessa opera. Più che poeta Santi lo direi lettore acuto di poesia. Ha parlato di Magrelli quando nessuno sapeva chi era. L'ultima sua scoperta è Giuseppe Grattacaso che ora sta prendendo consistenza se non nazionale, almeno locale.
Non voglio dire che Santi non è un poeta, ma semplicemente dire che, a mio modesto parere, i suoi prodotti migliori sono narrativi. Da poco è uscito il suo romanzo dal titolo SIC.
E non sto a dire della sua attività alla galleria L'Indiano, le riviste, i quaderni dell'Upupa... Insomma uno scrittore verso cui la Firenze letteraria è un po' disattenta. Un po' troppo.
Che sia meglio così?
MONICA SARSINE
A dire la verità non ha scritto poesia, ma un bel libro di brevi prose dedicate ad animali immaginari (dall'agatro alla nusia) e ai colori (dal nero all'azzurro) per il sapiente editore Vanni Scheiwiller con prefazione di Giorgio Zampa dal titolo "Crepacuore".
Perché tra i poeti allora?
Semplicemente perché ho letto queste pagine come un libro di poesia. In effetti la prosa della Sarsini è così lirica, asciutta che dalla poesia la separa soltanto la struttura formale. La Sarsini nella vita - dice la nota dei libro - fa l'artista visiva, laureata in lettere e filosofia, ha pubblicato sino ad oggi solo edizioni fuori commercio riservate a gallerie d'arte. Qualche anno fa è uscito un suo libro d'arte con il titolo "Colorare" per le edizioni Exit.